IL PALAZZO DE LEONE è ubicato in un piccolo borgo, denominato Appignano, che si trova nel Comune di Castiglione M.R., nella provincia di Teramo e domina la vallata del fiume Fino.
Il nome Appignano ha per gli storici locali origini diverse. C'è infatti chi lo vuole far derivare da un antico sacello dedicato a Gaiano (Apud Ianum), esistente un tempo in queste località, e chi invece ritiene che esso derivi da un termine prediale che designava l'appartenenza di un fondo o praedium ad un determinato proprietario; che in questo caso si sarebbe appunto chiamato Appinius In entrambi i casi comunque si ha la conferma di una edificazione sul luogo già in epoca romana preaugustea.
Il borgo, se pur edificato precedentemente, si configura nella sua attuale connotazione in epoca medioevale o alto medioevale, con l'edificazione di un certo numero di case a ridosso e dentro una serie di fortificazioni, che lo qualificano "tout court" quale castello a presidio di un vasto feudo. Le prime notizie storiche del borgo sono date al 1184, anno in cui il Papa Lucio III (1181-1185), con una bolla del 10 giugno, pone la parrocchia di Appignano sotto la giurisdizione di Roberto prevosto della Chiesa di S. Giovanni in Cassanello."
APPIGNANO è un antico borgo che conserva ancora intatte le sue caratteristiche di abitato incastellato medievale del XV secolo con una torre quadrata, di probabile origine longobarda, inglobata nel Palazzo Pensieri. L'abitato, situato a pochi kilometri di distanza da Castiglione Messer Raimondo, ne costituisce una frazione e ne ha seguito, nel tempo, le vicende storiche.
Il nome Appignano è di origine romana e deriva dal latino apud Janum, vicino a Giano. La denominazione indica, quindi, che l’antico borgo fu costruito nei pressi di un tempio dedicato al dio Giano, il più importante tra gli dei nel culto dei popoli Italici e Romani.
Negli scavi archeologici eseguiti, a breve distanza dal centro abitato, è stata riportata alla luce una tomba ipogea femminile all'interno della quale sono stati rinvenuti tre ciondoli di bronzo a batocchio, un’armilla in bronzo ed un tubetto di bronzo traforato per collana. Nella stessa località sono stati ritrovati un frammento di cippo calcareo con una scritta monca in lingua latina, alcune lastre di pietra albana ed un lastrone più grande senza iscrizione.
Luigi Sorrichio, studioso atriano di fine ottocento e inizio novecento, classifica i resti scoperti come coevi a quelli di Pretara presso Atri e quindi databili al VII-VI sec. a. C.
La più antica testimonianza scritta di Appignano, risale al 21 luglio 951 quando Lupo, figlio del Conte aprutino Maifredo, permuta con Elia, Abate del Monastero di S. Angelo a Barrea, 130 moggia di terreno di sua proprietà nell’ascolano con 100 moggia in località Apoianum, di proprietà del monastero.
Nel XII secolo Apignanum è citato sul Catalogus Baronum che ne documenta, con Castillionem, l'appartenenza a Galgano di Collepietro.
Altre testimonianze sono riscontrabili negli scritti dello storico Flavio Biondo vissuto tra il 1392 e il 1463 che, nella sua opera “Italia illustrata”, cita il Castello di Pignanum tra quelli ubicati sulla destra del fiume Selino.
Anche lo storico domenicano F. Leandro Alberti nella sua opera “Descrittione di tutta Italia”, pubblicata nel 1553, cita il castello di Pignano, tra quelli ubicati sulla destra del fiume Sino (Fino).
Nella Galleria delle Carte Geografiche, realizzata in Vaticano da Antonio Danti di Perugia negli anni 1580-1583, è rappresentato il Castello di Appignano.
Dal 1439 Appignano passa fra i possedimenti degli Acquaviva i quali lo cedono nel 1529 a Sergio Frezza cui succederanno il figlio Giovanni Girolamo e il nipote Giovanni Francesco. In quegli anni, fino alla metà del XVII secolo, la popolazione si attesta mediamente sui 40 fuochi. Le vicissitudini finanziarie della famiglia Frezza comportano la cessione del feudo ad Alessandro Benvenuti. La famiglia Benvenuti ne resta proprietaria fino al 1617 quando Appignano viene ceduta a Cesare Scorpioni.
Il 12 settembre 1712, Nicolantonio Castiglione, Barone di Appignano richiede l'autorizzazione per la compilazione di un nuovo Catasto, in quanto precedentemente sono intervenute cessioni di beni che hanno modificato radicalmente le proprietà riportate sull'allora vigente catasto. La Regia Camera autorizza la richiesta ed il 17 febbraio 1713, il Governatore Nicola Baroni inizia il lavoro coadiuvato dai due apprezzatori e stimatori Francesco Di Falcio e Giovan Domenico di Francesco eletti dal Gran Consiglio dell’Università. Ogni sera, fino al 30 giugno, il pubblico balivo Sebastiano Di Donato, legge i bandi per invitare i proprietari ad iscriversi nel Catasto e dare conto delle loro proprietà da assoggettare a tassazione.Il nuovo Catasto si compone di 70 carte. Vi sono iscritte 68 persone tra i quali il Barone Nicolantonio Castiglione ed il Marchese Francesco Maria De Petris. Il territorio di Appignano risulta diviso in 65 contrade e comprende i Feudi di S. Clemente e Casalorito.
S. Pietro Apostolo è la chiesa parrocchiale di Appignano. Risale al XII secolo e fu ampiamente ristrutturata tra il Chiesa San Pietro Appignano1735 e il 1780 con opere a rilievo in stucco sulle pareti laterali.
Nella chiesa sono conservate tele, attribuite al pittore atriano Giuseppe Prepositi, probabile allievo del maestro napoletano Francesco Solimena. Le opere sono realizzate negli anni 1769-1770 su commissione della Confraternita del Ss. Rosario.
Fuori delle mura sorge la Chiesa della Madonna del Carmine, eretta tra il1855 e il 1858 su una più antica Cappella per ringraziare la Madonna della protezione data alla popolazione durante la peste del 1855. Tracce dell’edificio più antico si riscontrano in un’acquasantiera a calice in pietra.
Chiese oggi scomparse sono quelle diSan Michele, citata nella Bolla di Papa Lucio II del 10 giugno 1184 e quella di Santa Maria Lauretana facente parte del convento che, secondo la leggenda, fu fondato nel 1215 da S. Francesco venuto nella Valle Siciliana a dirimere i dissidi insorti tra i feudatari locali.
Il Monastero faceva parte della "Custodia Pennese". Era composto da sei stanze al piano inferiore e sei su quello superiore con un chiostro quadrato ed un doppio loggiato. Resti dell'antico complesso sono ancora visibili.